PROCIDA ON MY MIND
Ovvero, quando andavo in barca a vela

Si partiva di casa al mattino per raggiungere Maremorto a Bacoli, dove era ancorata la barca, trasportando vettovaglie in quantità industriali preparate a casa, per poter sfamare tutti quelli che si lanciavano all’arrembaggio del natante, una volta arrivati in porto, che sarebbe poi la Chiaiolella di Procida. Lì avvenivano offerte di scambio tipo un panino alla mortadella con pane e frittata o una fetta di frittata di maccheroni. Di solito ci cadevano solo i minorenni. Il must era la parmigiana di melanzane.
Noi donne ci occupavamo dello stivaggio del materiale commestibile nella cambusa, mentre gli uomini impiegavano circa mezz’ora per sganciarsi dai corpi morti (il giusto tempo, secondo loro) e sistemarli in modo da poterli poi recuperare al ritorno. Non parliamo poi del tempo che occorreva qualora dovevamo fare rifornimento di acqua e carburante, visto che nella zona di pontili neanche l’ombra.
Ovviamente se la permanenza in barca superava i 2 giorni, finiva a fresella con tonno e pomodoro, fino a farcela odiare per l’intera stagione.
Altro piatto molto richiesto era il polpo all’insalata, sempre col pomodoro, che i ragazzi chiamavano “la piovra”. Finiva sempre che il frigo ci piantava in asso e dovevamo comperare d’urgenza bacchette di ghiaccio al porto, altrimenti l’acqua diventava calda come pipì e l’anguria si lessava.
Come dio voleva (e quando voleva) si tirava su l’ancora e si salpava, dopo aver preparato le scotte, il fiocco e sistemata la randa.
Subito la vita a bordo si faceva frenetica, obbedendo all'ordine "Facite 'ammujna" e le voci degli addetti alle manovre si incrociavano con toni in crescendo.
“Cazza l’amantiglio”, diceva il cognato e spesso dalle facce si capiva che l’amantiglio non era tra le nostre conoscenze.
“Quello rosso” incalzava il cognato e il piccolo si lanciava a cazzare. “Stronzo il bomaaaaaaa” sempre il cognato. Lo stronzo non era il boma ma il piccolo che rischiava di beccarlo in testa.
Giunti fuori Miseno, bisognava mettere il fiocco, che secondo le regole della marineria cognatesca, era rigorosamente manuale, niente avvolgifiocco, per capirci.
Incaricato del fiocco era la D.M., che una volta è riuscito a farlo salire gloriosamente capovolto, additato al pubblico ludibrio dai natanti circostanti, dove tutti si buttavano via dal ridere, mentre noi signore ci nascondevamo di sotto, vergognandoci come ladre.
Insomma si creava una bella atmosfera da film del tipo Ferie d’agosto o per quelli piu’ avventurosi, alla Moby Dick. Io logicamente propendevo per Ferie d’agosto.
Nel viaggo, navigando al gran lasco, spesso perdevamo per via qualche parabordo, che la D.M. aveva legato “ a vienetenne”, come faceva osservare il cognato. Per non parlare delle scotte, che dovevano essere legate al fiocco entrambe con una “gassa d’amante” il nodo piu’ imbecille che io conosca, ma che non sa farlo nessuno, salvo il cognato onnisciente.
Un paio di volte ci siamo persi anche i teli da mare, che spaparanzandosi sulla superficie, si inabissavano come la zattera della Medusa e noi li salutavamo facendo ciao ciao con la manina. E’ impensabile recuperare un asciugamani in mare da una barca a vela, figuriamoci un uomo, ci ricordava il cognato.
Per fortuna questa esperienza ci è stata risparmiata.
Spesso la navigazione si svolgeva in assenza di vento, col fiocco e la randa che smutandavano alla grande e dopo varie curve e controcurve nel tentativo di beccare una brezzolina, il cognato si decideva ad accendere il motore, salutato da una salva di fischi del ragazzume a bordo.
Al ritorno invece beccavamo sempre il maestrale e si navigava con le vele tese e la barca inclinata.
Ovviamente la barca a vela è il posto meno indicato per prendere il sole. Se ti stendi a prua, subito dopo il fiocco gira e ti mette in ombra. Le onde arrivano sulla prua con grandi secchiate e se sei li’ te le prendi tutte. Per non parlare poi dei verricelli e dei winch che spuntano per ogni dove e devi assumere una posizione a serpente per poterli scansare. Cavi e candelieri completano l’opera. Se ti siedi sul sedile a prua non puoi non pensare a Conrad e ai Racconti di mare e di costa.
Ma l’effetto è quello di una discesa sui tronchi di Edenlandia, che se non altro ha il vantaggio di costare meno.