Nisida

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martedì 22 agosto 2017

Qui succede Casamicciola



“Qui succede Casamicciola” è sicuramente il proverbio più famoso, l’unico ad avere varcato i confini dell’isola d’Ischia. Del resto, il terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1883 ebbe un’eco nazionale e per le dimensioni della catastrofe e, soprattutto, per il tempestivo intervento del governo Depretis (da cui il nome di alcuni rioni baraccati). Non a caso, Casamicciola, “bianca, (che) sembrava posare su di un cuscino di verdura” è anche il titolo di una famosa novella di Giovanni Verga. Ma l’evocazione di quella sciagura va oltre la cronaca, la letteratura e i libri di storia. I 13 secondi che devastarono la cittadina termale sono una metafora potente della provvisorietà dell’esistenza, del dolore improvviso della perdita, dell’evento traumatico che condiziona in profondità il resto della vita. Come nel caso di Benedetto Croce, al punto che più di un critico ha scorto un nesso di causa-effetto tra il trauma e la riflessione filosofica. In pratica, secondo quest’ipotesi interpretativa il diciassettenne Benedetto Croce non sarebbe mai diventato il filosofo Benedetto Croce se quella sera di fine luglio del 1883 non avesse vissuto l’esperienza devastante della perdita di tutta la sua famiglia"

Questa la storia.
Che ieri si è ripetuta, uccidendo in chiesa una povera donna andata a pregare e seppellendo tre bambini sotto le macerie della loro casa venuta giù come una costruzione Lego. Il coraggio e la capacità dei vigili del fuoco, i nostri angeli, li hanno tirati fuori vivi.
Un sisma di 4 gradi Richter che ha fatto danni incomprensibili che tutti attribuiscono all'abusivismo, che a Ischia esiste ed è una catastrofe, eppure sono venute giù case antiche, in regola e persino la chiesa ricostruita dopo il 1883. 
Nel frattempo assistiamo alle solite bagarre. Turisti in fuga all'assalto dei traghetti con la miserabile pretesa di non pagare il biglietto, attribuendosi lo status di sfollati. Laddove non esiste ordine di evacuazione.
Vorrei chiudere questo post con l'augurio di speranza per un futuro migliore, come quello che esprime questa foto.



giovedì 10 agosto 2017

È morto Winck, l'Unno

Si chiamava Antonio Pignatiello e faceva il giornalista ad Alcamo. Aveva 55 anni. Era stato gia sottoposto ad angioplastica ma un infarto fulminante lo ha portato via.
Era mio amico e chi legge questo blog conosce i suoi commenti ai miei post, sempre a contestare e criticare e i litigi che ne derivavano.
Era uomo di destra e avevamo ben poco in comune eppure questa strana amicizia è andata avanti per oltre 15 anni.
Ci divideva la politica, anche se mai ho capito quale gli andasse a genio ma ci univa la musica, le letture e l'amore per Napoli dove aveva soggiornato per qualche tempo e che gli era rimasta nel cuore.
Sempre  coerente, sempre uguale, continuava il suo lavoro alternandolo con la scrittura di racconti visionari di cui di tanto in tanto me ne mandava qualcuno.
Ci teneva ad apparire antipatico e sgradevole ma era diverso, a volte persino gentile. Mi contestava ma mi voleva bene e anche io gliene volevo. Le lunghe chiacchierate nella chat di Libero e telefonate varie avevano permesso di conoscerci ma non di persona.
Devo a lui questo blog. Mi aveva incitato a crearlo e a scrivere, a me che credevo di non avere nulla da dire. Ricordo il suo primo commento: nu blog è sulo nu blog, sò 'e parole ca nun sò sulo parole.
E si è scritto anche il suo epitaffio, il giorno prima di morire, lucido e sensibile come pochi:


Keerck, riposa in pace, Unno, nel paradiso del Whalalla, cavalcando come sognavi tra le foreste del Nord.

I funerali ad Alcamo oggi alle 17.