Nisida

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giovedì 29 dicembre 2005

I NOSTRI NATALI



La sera della vigilia di Natale, passando davanti ad una chiesa, ho letto il cartello che annunciava la Messa di Natale: Messa di mezzanotte, ore 23,30.

Mi è venuto da sorridere, un po' per il nonsenso, un po' per i ricordi che affioravano.
Ogni anno, nei giorni che precedevano il Natale io e il nonno materno attraversavamo la Pignasecca e guardavamo l’esposizione di pesce che lì si continua ancora a fare durante le feste di Natale, con le grandi vasche che contengono capitoni e anguille, vongole con le corna, frutti di mare e le “scelle” di baccalà secco appese quasi a decorazione. Approfittando dell’abbondanza sui banchi, il nonno mi diceva i nomi dei pesci e mi spiegava come fare ad accertarne la freschezza.
Storditi dalle voci dei pescivendoli tornavamo indietro verso Portalba e la prima tappa era il Conservatorio di San Pietro a Maiella, dove il nonno salutava qualche amico e poi la visita alla Chiesa attigua, dove ogni volta mi perdevo nella visione delle vetrate a piombo, cercando i personaggi a me più familiari.
L’atmosfera ascetica, il silenzio e il buio delle navate mi intimidivano e stringevo forte la mano del nonno.
Altre volte andavamo a visitare il presepe mobile dello Spirito Santo, dove pastori immensi o che a me apparivano tali, popolavano casette e grotte in un tripudio di angeli ottocenteschi.
La meta era però via San Gregorio Armeno, dove andavamo a comprare nuovi pastori di terracotta da collocare sul nostro presepe, allargato per l’occasione e per sostituire quelli irrimediabilmente rotti. Ricordo le operazioni di ingessatura col nastro isolante, antenato dello scotch, fatte alle gambe di terracotta di pastori, piccoli mutilati da inserire nei posti meno visibili.
Ed aveva una sua bellezza anche il laghetto gorgogliante munito di “paparelle” galleggianti, costruito con l’apparecchio dell’enteroclisma. Che poesia!
I bambini della famiglia, nei giorni precedenti, avevano raccolto grandi quantità di muschio e pungitopo nel bosco vicino, per ricoprire il presepe di cartapesta, fatto con carta di giornale e colla di farina messa a bollire, tra i brontolii di nonna e mamma.
Il presepe veniva costruito nuovo ogni anno, secondo l’ispirazione e lo scheletro di cui era composto, al termine delle festività era gettato via, opportunamente spogliato da addobbi e pastori, che venivano rivestiti di carta di giornale e ricoverati in scatole da scarpe.
Mentre il nonno ed i nipoti si affaccendavano intorno al presepe, gli adulti si dedicavano all’organizzazione del pranzo della vigilia di Natale. Il menù era già stabilito, quindi la discussione verteva su approvvigionamento e divisione dei compiti.
Noi bambini intervenivamo per evitare l’acquisto del capitone. Eravamo tutti rimasti sconvolti dal barbaro rito della sua uccisione, tagliato a pezzi, e fritto ancora “vivo” nella padella. Prima, aveva persino tentato di filarsela dal “cuoppo di cartone” del pescivendolo, guadagnando il deposito del carbone posto sotto la cucina. Ma era stato scovato e non era riuscito a sottrarsi al suo destino. Era stato mangiato dagli adulti tra le lacrime di noi bambini, che antesignani ecologisti, volevamo restituirlo al fiume.
Il giorno di Natale in casa nostra si mangiava il maiale: costolette profumate e fegatelli avvolti in foglie di alloro.
Anche l’uccisione del maiale, appositamente ingrassato, rappresentava un rito. A scopo propiziatorio perciò, pezzi dell’animale venivano distribuiti alle famiglie amiche, nelle cui case erano consumati tra il rumore ed il profumo del grasso sfrigolante.
Ma io ricordo ancora le grida del maiale, presago della fine imminente, trascinato al macello, altro che silenzio degli innocenti.
La nota allegra del pranzo di Natale era rappresentata dagli “struffoli”, piccole palline di pastafrolla avvolte nel miele, composte a cupola e coronate da confettini e scorzette di arancia, da cui andavamo a sgraffignare qualche pallina.
Questo dolce che risale all’antica Grecia, fa parte delle origini dei napoletani. Per questo motivo, ogni anno, nelle case della città, tantissime massaie impastano farina e zucchero assieme allo strutto (ancora il maiale) per dare forma al dolce natalizio più comune dalle nostre parti.
Alla fine del pranzo non c’erano come oggi i regali di Babbo Natale, ma bisognava aspettare la calza della Befana e spesso c’era dentro anche il carbone e qualche ortaggio; molto dipendeva dalle pagelle del primo trimestre.
Poco prima di mezzanotte si andava in chiesa per la messa. La piccola chiesa di campagna ci chiamava con brevi rintocchi di campana, nel freddo pungente.
I bambini facevano parte del coro, cantavano brevi canzoni vicini al grande presepe che occupava tutta la lunghezza della chiesa, costruito con grande passione da padre Giovanni, il sacerdote.
Era insegnante di matematica alle medie e quando divenne troppo vecchio regalò tutti i pastori del presepe, che erano antichi, uno per ogni famiglia.
A tavola il giorno di Natale eravamo sempre almeno in sedici, tutti della famiglia.
Ora è tutto diverso. Tante persone non ci sono piu’ e quella famigliona è rimasta nei miei ricordi. Ormai tutti i bambini sono diventati grandi, hanno anch’essi una loro famiglia. Molti sono andati via e sono sparsi per il mondo ma nelle nostre case, a Natale, un piccolo presepe ci ricorda quello che da bambini costruivamo assieme al nonno.

22 commenti:

  1. Mò mi hai fatto commuovere, e sono cose da fare a quest'ora di notte?

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  2. un mix di Marotta ed Eduardo che mi ha fatto tornare in mente analoghi ricordi della mia infanzia .. con qualche piccola differenza ....anche io con il nonno materno ma non andavo a San Pietro a Maiella ma nella basilica di Santa Sofia a Benevento dove c'era uno strano presepe e al mercato di Piazza Mercato dove .. oltre a tutti i profumi che hai detto tu c'era anche quello del torrone e dello Strega

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  3. i tuoi ricordi sono anche i miei.....
    a leggerti .... c'è tutta la magia, la dolcezza del ripensare alle ore, alle cose passate.....
    e sembra di stare a tavola con te a consumare le ore delle feste .......
    a costruire presepi di ricordi......

    anche se in tempo e spazio diversi
    c'è qualcosa che unisce le anime e le sensibilità verso le cose della vita .....che riscaldano i cuori

    gennaro

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  4. bello. io sono molto contenta perché è appena stata ritrovata la carta di scenario del presepe che faceva il mio nonno.
    non so come sia realizzata, ma è molto strana, la devi toccare per realizzare che è proprio una carta e non una stoffa come sembra.
    Carolina

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  5. ...i capitoni: quelli sì che hanno una vitalità invidiabile! E che risate quando una volta, per sfuggire al suo triste destino, un gagliardo esemplare si tuffò dal tavolo e strisciò velocissimo dalla cucina fino al corridoio, inseguito da mio padre che brandiva il fendente indossando un mantesino provenzale...:D

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  6. altri tempi... ora i capitoni i pescivendoli te li danno già ammazzati e tagliati a pezzi ...siamo in epoca del politically correct... non sarebbe bello adessi assistere alle scene cruente di una volta .. di capifamiglia che brandivano affilate mannaie ... tempi barbari !!!

    Ora il capitone viene ucciso con una siringa letale alla moda americana (capisce a me)... dopo una cena adeguata ..

    PS
    ho letto (non ricordo dove) che un condannato a morte come ultima cena si è fatto portare non so quanti BIG MAC ...
    (u diche sempe che i mericani so scieme.... )

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  7. voleva accelerare il lavoro del boia.
    Avrà pensato: facciamola finita, va'.

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  8. scusa, ma al capitone prima di essere giustiziato gli fanno pure il processo?
    ;-)

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  9. ;-) sapete che mi sa che non l'ho mai mangiato il capitone?
    Carolina

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  10. Tra americani e svizzeri non so a chi dare la palma della stranezza: se fossi condannata a morte, lo stomaco ce l'avrei chiuso col serramanico, altro ca chelle fetenzie accirecristiane...replicate, poi...mammamia!
    'Na parolina pe' zio Wenz:
    "Bisogna preparare 'na teglia 'e capitone pe' Carulina: chella nun 'o conosce e nun sape chesse pérde."
    :*

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  11. ...sì, serramanico, mo'! Accussì se squarta, altro che serrà! Chiavistello, intendevo, chiavistello.
    'A capa, 'a capa!

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  12. carolina ...
    sulle modalità di preparazione del capitone ci sono tre scuole di pensiero:
    a) alla brace
    b) fritto
    c) stufato in umido in un guazzetto di limone, alloro ed aglio (senza olio) nel quale i pezzi di capitone siano rimasti a bagno almeno 6 ore ...

    io sono per la scuola di pensiero c.

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  13. D'accordo, mianonna, ma la prima volta glielo devono preparare, perchè se lo deve gustare, e non è cosa che si possa mandare in allegato, sennò volentieri mi sarei offerta. Poi se ne ha voglia si cimenterà.
    E comunque, io seguo la scuola a.
    Rigorosamente.

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  14. pure io mi sa :-) lo provo. grazie anche a Pollymagoo...
    Carolina

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  15. ok. provo la c e pure la a, va bene così? :-)))
    Carolina

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  16. Il capitone ha un forte simbologia sessuale.
    Roquentin sloggato

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  17. io seguo la scuola d:

    friggere il capitone, mangiarlo e quello che avanza va marinato nel guazzetto che dice mianonna. Lo si conserva tranquillamente in barattolo da natale a capodanno.

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  18. Che sia Speciale il Nuovo Anno.
    Te lo auguro smisuratamente.

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  19. ah rochentèn
    mi pare che la Marini in un film si esibiva con dei capitoni.

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  20. grazie Die, è bellissimo e grazie anche a rrose.

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