Nisida

Nisida

giovedì 28 ottobre 2004

UN UOMO E UNA DONNA


 


 


 


 


 


 


 
























































































Sembra il titolo di un elegante film anni ’60 di Lelouch.
Due persone si incontrano, si separano, si incontrano di nuovo, una splendida musica di sottofondo, patinata, carezzevole. Tutto è pulito, levigato, perfetto.. troppo.

Un altro uomo, un’altra donna, si incontrano una sera in un luogo immateriale e parlano a lungo durante la notte. Niente lavoro l’indomani.
Parole, all’apparenza banali, tracciano piccole linee sottili e tenaci come ragnatele.
Alla fine la tela è così fitta e resistente che intrappola i due e la donna lotta per venirne fuori.
Si dibatte, si divincola e strappa via da sé la rete sericea, clicca su “disconnetti” e riemerge nella sua realtà, frastornata e incredula.
La donna va a dormire con il pensiero rivolto alla serata appena trascorsa e sogna.


 



C’era una volta.
Tanto e tanto tempo fa, come una fiaba di G.B. Basile, una ragazza era seduta sulla riva del mare, la gonna accartocciata intorno alle lunghe gambe, i capelli che le coprivano il viso chino, le dita immerse nella sabbia sottile.
Le onde si avvolgevano pigramente su se stesse, trascinando svogliatamente i sassolini lungo la battigia.
La brezza muoveva lentamente i lunghi riccioli e la gonna di garza bianca, mentre un’onda più rapida guadagnava la riva bagnando il vestito, che diventava trasparente.
Un cocker biondo con le lunghe orecchie ondeggianti correva incontro alla ragazza, agitando festosamente il moncherino di coda, spruzzando sabbia dappertutto.
Dopo un po’ arrancando dietro al cane arrivava un ragazzo, capelli lunghi, occhi nocciola, con una pesante sacca piena di libri sulla spalla. Lei gli correva incontro e il cane la inseguiva, cercando di farla cadere ad ogni passo.
Seduti sulla riva, vicini, lei poggiava la testa sulla sua spalla e guardavano assieme il sole che cadeva, tagliato in due da una lunga e sottile nuvola, simile ad una coppa di vino rosato e scintillante.

































 Lui la abbracciava e lei, stretta tra le sue braccia, iniziava a sussurrargli una storia:

 




C’era una volta un uomo una donna.
E poi era silenzio, che scendeva tra i due, denso, difficile da interrompere, quasi un presagio di lontananza, di addio. Mancava poco alla fine della vacanza, ormai.
La sera, l’ultima, avanzava inesorabile, l’ultimo falò sulla spiaggia, la chitarra, le canzoni di Battisti, con l’armonica che accompagnava, i bagliori rossi della lava eruttata dallo Stromboli in lontananza e le vibrazioni della terra di Calabria.
In quel luogo incantato, un giorno, la ragazza sarebbe tornata con il suo bimbo di pochi mesi e gli avrebbe raccontato tutta la magia di quei giorni, le emozioni che levano il fiato, i sogni ancora tutti da realizzare, i profumi degli agrumi e del gelsomino, la poesia di Ignazio Buttitta che dice di aver incontrato il Signore, tutto mescolato assieme, a derivarne il sentimento di felicità e appagamento chiuso per sempre nel suo cuore.

 



C’era una volta tanto tanto tempo fa un uomo una donna.
La donna continua a dormire e sogna.
E’ seduta davanti al computer e scrive lunghe righe che si dipanano sullo schermo, poi si ferma e legge le righe di risposta dell’uomo, anche lui seduto davanti al suo computer.
Legge, e piano piano l’uomo diventa sempre più reale, una presenza viva, e allora lei istintivamente allunga la mano a cercare l’altra mano, incontra il mouse e lo stringe come una carezza.
Le due mani si stringono, si intrecciano, salgono a sfiorare il viso e la donna, appoggiata all’uomo, tranquillamente inizia a raccontare.
C’era una volta tanto tanto tempo fa un uomo una donna un bambino.
La donna si sveglia, è mattina ormai.
Ma resta, sospeso su di lei come una nebbia leggera, il lungo sogno durato una notte.
C’era una volta un sogno, solo un sogno.

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