Nisida

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martedì 11 agosto 2015

E' gghiuta 'a zoccola dint' o rraù

che in lingua napoletana vuol dire che si deve buttare tutto e ricominciare.

Un noto libraio, Eddy Colonnese, aprendo la saracinesca del suo negozio in via S. Pietro a Maiella, trova un grosso topo morto sulla soglia e si attiva perché venga rimosso, visto che la zona era piena di turisti, era domenica e molti stavano già a scattare foto al cadavere.
Riepilogo quanto accaduto in seguito con una nota di Pietro Treccagnoli:

Una zoccola non è sempre una puttana




Premetto che le giornate e il  dibattito sulla zoccola morta sono stati molto divertenti e mi hanno fatto molta compagnia in questo agosto in attesa della trubbéa refrigerante. Il patapata di chiacchiere abbacanti è stato comunque istruttivo.

Ma andiamo per punti.

1.   Un libraio (Edgar Colonnese) fa un post in cui racconta che all’imbocco del Decumano maggiore di Napoli (area turistica assai) da ore c’è un topo morto e che sta chiamando a destra e a manca per sollecitarne la rimozione, ma invano. Tutti giocano allo scaricazoccola. Non compete a me, neanche a me, tòglitelo da solo. In una città che ambisce a diventare una capitale del turismo lo scaricabarile e la persistenza della carogna (non la banalissima morte del topo, povera bestia) è una notizia? Certo, perché mostra un nervo scoperto della disorganizzazione tra le istituzioni e i servizi (di qualsiasi colore e competenze siano). Una zoccola è pur sempre una zoccola, e tale resta, ma se riesce a mandare a puttane la nervatura di chi invece di inveire contro chi denuncia dovrebbe telefonare agli addetti distratti (o in agitazione o in stravaccamento domenicale) è roba che ha dignità giornalistica, trattata con leggerezza, ovvio, ma pure con la serietà che la leggerezza impone.

2.   Ebbene, dopo che la polemica (tutta in chiaro su Facebook, nessuno è andato a cercarsi la zoccola, né tantomeno è andato a mettergli il pepe nel culo), dopo che la polemica finisce in un articolo più ironico che retorico, tra l’altro collocato a fogliettone (chi mastica un po’ di giornalismo sa che significa, chi non lo sa s’informi, basta Wikipedia, la Bibbia dei nuovi pensatori), si scatena la tempesta virtuale. Apriti cielo, si scannano i guardiani della rivoluzione arancione e i detrattori del sindaco. Fanno a gara a trasformare la zoccola in un caso politico. Qualcuno un po’ in sordina lancia l’idea del boicottaggio contro il libraio che “sputtana Napoli” (ignorando che non sempre una zoccola è una puttana, dipende dal numero degli arti inferiori), suscitando un vespaio di indignate reazioni che evocano i roghi dei libri dei nazisti. Esagerati, tutti. Ma tutta ‘sta caciara diventa una notizia ancora più succosa. Non ci si può scandalizzare che la politica sia andata a puttane. Addirittura, persone che hanno alti incarichi nelle istituzioni locali specificano che la zoccola non è del Comune, ma della Regione, perché sarebbe dovuta intervenire l’Asl e non l’azienda municipale per lo smaltimento rifiuti. Una zoccola non è un rifiuto indifferenziato, perché una zoccola fa pur sempre la differenza.

3.   Ne viene fuori il livello molto basso, al di sotto delle saittelle che ospitano normalmente i roditori metropolitani, del bene comune della nostra politica. Il corollario sono le indignate e spocchiose lezioni di giornalismo di personaggetti (per dirla con Crozza-De Luca), adusi a vestire panni da sopracciò,  dei quali stiamo ancora aspettando di leggere le grandi inchieste, i favolosi reportage da Damasco (ma anche da Volla, siamo di bocca buona) o una breve di nera scritta decentemente.

Una zoccola val bene una messa, una messa in ridicolo del nostro generino politico-culturale. Purtroppo la zoccola non si chiamava Giulietta, così si era tutti d’accordo ad azzannare il molesto Salvini.

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