Nisida

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domenica 6 novembre 2005

EUTANASIA DELLA POESIA

Da 3 settimane Gianni Riotta su Io Donna, settimanale del sabato del Corriere, nella sua rubrica “L’aria che tira” parla di antologie e di testi analizzati in classe. Partecipano alla discussione con le loro e-mail studenti e docenti che illustrano il loro punto di vista sulla questione.
La domanda era se le antologie riescano o meno ad avviare i giovani alla lettura e ovviamente i pareri sono piuttosto discordanti.
L’eccessiva analisi dei testi, l’estrapolazione di termini semantici, la divisione in sequenze secondo uno studente distruggono il piacere di leggere mentre invece un docente sostiene che i brani tratti da autori famosi incuriosiscono i ragazzi e li inducono a continuare nella lettura del libro.

A sostegno di quanto dicono i lettori di Riotta, ricordo un lavoro fatto al liceo su questa poesia:



Il lampo
E cielo e terra si mostrò qual era:
la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tragico tumulto
una casa apparì sparì d'un tratto;
come un occhio, che, largo, esterrefatto,
s'aprì si chiuse, nella notte nera.
Giovanni Pascoli



Il compito consisteva nell’analizzare lo schema della lirica e creare delle tabelle sulle seguenti componenti:

Schema delle rime: ABCBCCA
Rilevamento delle posizioni degli ictus e delle cesure
Schema della mobilità delle cesure
Rilevazione delle figure retoriche
Individuazione delle componenti grammaticali
Costruzione del modello metrico-ritmico

Ancora oggi mi fa venire in mente un’autopsia fatta sul cadavere della poesia.

Mi chiedevo e ancora oggi mi chiedo: ma questa è ancora poesia?
Questa vivisezione non allontana gli studenti dal godimento della poesia?
Al liceo immaginavo Pascoli che scriveva di getto questa poesia, sembra così semplice, istintiva.
Dopo ho capito quanto lavoro ci stava dietro a quei versi, chissà quanti fogli ha strappato e quante correzioni prima di arrivare a questa stesura definitiva. E chissà se Pascoli ha pensato di mettere qui una sineddoche, là una metafora, al terzo verso una sinalefe, al primo un anacoluto e un ossimoro nel terzo.
Quegli esercizi forse sono serviti a questo, non certo ad apprezzare un componimento poetico, anzi sono serviti pure a togliermi dalla testa di scrivere io dei versi.

Sul blog di Tortora c’è un interessante dibattito sulla poesia, se essa esista ancora oggi o se abbia trovato nuove strade per esprimersi.
Forse anche la poesia come la bellezza è negli occhi di chi guarda?
Io che amo fotografare ho trovato poesia e bellezza nei tramonti infuocati dei cieli di Scozia. Trovo molto poetico anche quel mare di nuvole sullo sfondo azzurro che a volte incornicia il mio amato Vesuvio. Sì, è vero, le nuvole sempre diverse e i cieli colorati mi emozionano.
E quando lavoravo al Cardarelli andavo sempre a guardare un acero enorme e solitario in mezzo a pini e abeti, che in questo periodo esplode di colori nell’intera gamma di rosso, arancio e giallo.
O forse poesia è anche scrivere questo post sulla poesia mentre friggo melanzane per la parmigiana.
Forse oggi bisogna cercare la poesia sotto altre forme.

C’era una canzone di Cocciante, mi pare, che diceva così:

Poesia, poesia, sembra che non ci sia
poi ti svegli una notte e vorresti parlare con lui
tu dovresti spiegare e non sai cosa dire
che è finito l’amore
ma in fondo anche questo è poesia.

15 commenti:

  1. il tuo post è poesia........
    meriterebbe riflessioni acute
    pensieri profondi.....

    invece è un brivido che attraversa l'anima e...aspetta un brivido
    proprio come una poesia........

    i tuoi pensieri, mi fanno ricordare come qualcuno, nell'analizzare fotografie in certi siti, ne fa proprio un'autopsia, soffermandosi sulla composizione, sul tempo, sul diaframma e intanto la poesia che ha mosso il pulsante di scatto agonizza..........

    perchè vive il brivido,
    se incontra un brivido....


    ciaooooo
    sei un mito
    gennaro

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  2. penso
    alla tua parmigiana.........
    sarà una lirica......
    un brivido.........che aspetta un brivido...

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  3. è piacevolissimo, Jené :o)
    io, avendo trequentato un istituto tecnico, non ho mai fatto l'autopsia a una poesia, né ne scrivo. anzi: ne leggo anche poche. e spesso, in rete, mi ritrovo davanti composizioni di blogger che pensano che per fare poesia basta andare a capo spesso.
    sono comunque d'accordo con te, quando scrivi che la poesia si può trovare dove e quando meno te l'aspetti (le nuvole attorno al Vesuvio).
    Per finire: alla versione - bella - di Cocciante, preferisco quella di Patty Pravo

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  4. Bellissimo post. E non aggiungo altro.
    Sorryso

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  5. L'analisi del testo poetico e del testo narrativo, come sai, è richiesta come competenza nella prima prova scritta (italiano) all'esame di stato. Da diversi anni si preparano (!) gli studenti di tutte le scuole superiori all'immane lavoro di analisi, fin dal biennio. In alcuni casi, tipo istituti professionali, con scarso coinvolgimento degli alunni, quelli in dirittura di arrivo, nonostante che debbano effettuare una prova scritta, pensano che sia tempo perso, che se ne faranno del lavoro di analisi di una poesia, dopo?? A loro interessano, le materie professionalizzanti!! Quando degnano di studio anche quelle!! Naturalmente io non sono d'accordo con questi che reputo pregiudizi, accresciuti e avallati da docenti delle materie tecniche e professionalizzanti (spesso ingegneri, commercialisti, tecnici, chiusi nell'orizzonte limitato della loro diciplina, con la prerogativa che le competenze specifiche siano più importanti. Non lo dichiarano apertamente, mai. Solo una volta ho trovato un ingegnere amante delle lettere). Nei licei, immagino ( la primogenita è al ginnasio), che ci sia e ci debba essere un'attenzione maggiore, e da parte dei docenti, e da parte degli alunni, verso l'analisi testuale. Quest'ultima, quando viene fatta a dovere è cosa soddisfacente per il docente e per i discenti. E' fatta a dovere, quando non si SEPARA il momento della comprensione del tema principale, in questa caso della poesia, da quelli che sono gli aspetti tecnici della poesia (struttura metrico-timbrico-ritmica). Insomma, quello che tu definisci vivisezione è un pò, ma non sempre, quello che accade quando si lavora male e superficialmente. Io penso che la conoscenza e lo studio di una poesia debba passare anche per la conoscenza degli strumenti metodologici. Non si può trasmettere agli alunni l'idea che il lavoro artistico sia solo frutto di ispirazione, di esternazione di stati d'animo. In ogni lavoro ci sono i ferri del mestiere, perchè non dovrebbe esserci la consapevolezza di ciò, anche nella poesia e nella narrativa?Inoltre, mi viene in mente che in buona parte dei messaggi pubblicitari è frequentissimo il ricorso alla figure retoriche. Credo che molto dipenda dall'intelligenza degli insegnanti. Capire che non occorre insistere sugli aspetti tecnici a discapito dell'ispirazione poetica e viceversa. Analisi del testo, significa analisi di una "trama" di un "tessuto". Occorre vedere il filo, ma anche il disegno nella sua interezza. Comunque molti libri di testo insistono sulla parte tecnica, e io in genere la salto a piè pari. Vista anche la mia "utenza".
    Scusami se mi sono dilungata, forse su aspetti pure noti.

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  6. concordo...la bellezza della poesia è negli occhi di chi la legge, la ascolta e la canta. la critica faccia il suo lavoro, ma la magìa della poesia risiede in tutt'altro... c'è una poetessa americana semisconosciuta, mi pare si chiami Kathleen Turner... un annetto fa lessi un suo libro dove parlava anche della poesia e scriveva che ogni volta in cui si trovava ad una lezione o ad una conferenza e si trovava a dover spiegare una sua poesia di colpo si sentiva stupida. Ecco, le poesie non vanno spiegate, vanno sentite. Bisogna avvertirne la vibrazione, non c'è nulla da spiegare.
    besos, buona serata!

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  7. Jené non puoi impostare un discorso intelligente su un tema così potente e poi uscirtene con Riccardo Cocciante. E no, e no. Le giraffe da una parte e le pecore dall'altra, per piacere. Non facciamo confusione. L'ha capito lo stesso Cocciante che ora i testi per le sue melensaggini se li fa scrivere da Panella.

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  8. Panella c'ha tutto da perdere. Ma tanto il fondo lo ha già toccato, ha scritto per Minghi, non so che canzone e neanche lo voglio sapere.
    Io poi a Cocciante lo tengo "aparato" per il bagno che mi ha fatto fare per vedere quello stramaledetto Notre Dame. Ci voleva la muta da sub quella sera.

    Nun te preoccupà, rochentèn, la prossima volta faccio la recensione di Lisa dagli occhi blu. Qualcuno trova che ricorda Leopardi.
    :-)))

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  9. meriggio, lo so, conosco i programmi, mio figlio ha fatto da poco la maturità. Pero' io credo che sia davvero difficile oggi trovare un docente in grado di badare agli strumenti e nello stesso tempo all'anima del componimento. E' giusto che per ogni abilità ci siano le opportune tecniche. Infatti è difficile immaginare che uno studente esegua un disegno tecnico se prima non ha imparato le tecniche di costruzione del disegno stesso. Forse per l'insegnamento dell'italiano o latino c'è questo atteggiamento del ritenerlo superfluo per lo svolgimento della professione, a meno che non si faccia poi l'insegnante.
    Io ho avuto l'impressione pero' che si badi di piu' alla tecnica, la vivisezione insomma, piuttosto che alla comprensione stessa. Oggi poi anche nei licei si studiano pochissimi canti della Divina Commedia, mentre io ai miei tempi l'ho fatta tutta. Resiste ancora Manzoni, anche se la docente di mio figlio ha fatto studiare Il nome della Rosa allo stesso modo dei Promessi Sposi, col risultato finale che la classe all'unanimità ora odia Umberto Eco allo stesso modo di Manzoni.

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  10. mmiii... la mia esperienza più tragica con la poesia a scuola era un testo di Neruda, ancora alle elementari. dovevamo scambiarci i quaderni e correggere noi quello che i nostri compagni potevano aver sbagliato nel dettato della composizione. beh, io ero tutta armata delle sane lezioni di grammatica etc. e avevo riempito il quaderno della mia povera compagna Antonella di punteggiatura.
    Per poi scoprire naturalmente che nella poesia originale non ce n'era o non come l'avrei messa io
    e che quello era Pablo Neruda e io un misero criceto di terza elementare :-)
    Però mi è servita. :-)
    Carolina

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  11. In un panorama editoriale dove ex spogliarellisti ed animatori di discoteche scrivono vendutissime autobiografie, dove scrittori di acclamati best seller, in crisi di ispirazione (forse) eseguono attenti compitini da III media di "versione in prosa e parafrasi" dell'Iliade, dove comici televisivi più o meno in disarmo compilano vendutissimi best seller con tutti i luoghi comuni e i topoi dei romanzi gialli da edicola di stazione ferroviaria senza un grammo di originalità e con un lessico da telenovela, dove "romanzieri" di terza età da anni non fanno altro che riproporre lo stesso personaggio, il medesimo intreccio e la medesima fabula con qualche piccola variazione, dove l'unica letteratura che esiste è quella proposta da mamma TV .....
    Ebbene in questa realtà dove non c'è nulla di inaspettato, di sorprendente ma tutto è codificato, regolamentato ... come gli applausi a comando in TV .... taluno sembra volere introdurre canoni nell'unica isola di originalità, libertà che è la poesia, pur anche brutta ed ingenua.
    Tali rigidita mi sembrano un tentativo di accademia e di polverosa eredità.

    Io credo invece che la poesia debba recuperare la sua funzione originale: quella di canto che racconta emozioni, odio, indignazione, amore e morte

    Espressione d'arte che risale alle civiltà orali ... Voglio ricordare gli aedi simbolo della cultura popolare...
    La poesia è suono.

    La funzione della metrica, tanto per parlare di essa, aveva solo una funzione strumentale ed esterna alla poesia : permettere all'aedo di ricordare i versi quando li doveva declamare.

    Ma ora abbiamo la scrittura, abbiamo internet e quindi la musicalità del verso nasce dal suono delle parole, dalla giustapposizione di esse, dalle assonanze, dalle ripetizioni.

    E tutto questo nella massima libertà.

    Io scrivo racconti e "cose" che convenzionalmente si denominano poesie.

    Ma non mi definisco e non voglio definirmi perchè questo sarebbe una limitazione e l'attribuzione di un ulteriore ruolo.
    Ne ho avuti a sufficienza.

    Io dovrei definirmi per i ruoli via via ricoperti: dottore in Giurisprudenza, Dirigente INPS in pensione, Ex assessore alla monnezza, narratore , poeta, padre, suocero, chatteur, tiratardi....
    arrivato a questo punto mi fermo.

    Scusa se l'ho fatta lunga ....ma i dialoghi sui massimi sistemi mi appassionano quasi quanto scrivere racconti scemi, noir e "poèsie" (notare l'accento).

    RispondiElimina
  12. In un panorama editoriale dove ex spogliarellisti ed animatori di discoteche scrivono vendutissime autobiografie, dove scrittori di acclamati best seller, in crisi di ispirazione (forse) eseguono attenti compitini da III media di "versione in prosa e parafrasi" dell'Iliade, dove comici televisivi più o meno in disarmo compilano vendutissimi best seller con tutti i luoghi comuni e i topoi dei romanzi gialli da edicola di stazione ferroviaria senza un grammo di originalità e con un lessico da telenovela, dove "romanzieri" di terza età da anni non fanno altro che riproporre lo stesso personaggio, il medesimo intreccio e la medesima fabula con qualche piccola variazione, dove l'unica letteratura che esiste è quella proposta da mamma TV .....
    Ebbene in questa realtà dove non c'è nulla di inaspettato, di sorprendente ma tutto è codificato, regolamentato ... come gli applausi a comando in TV .... taluno sembra volere introdurre canoni nell'unica isola di originalità, libertà che è la poesia, pur anche brutta ed ingenua.
    Tali rigidita mi sembrano un tentativo di accademia e di polverosa eredità.

    Io credo invece che la poesia debba recuperare la sua funzione originale: quella di canto che racconta emozioni, odio, indignazione, amore e morte

    Espressione d'arte che risale alle civiltà orali ... Voglio ricordare gli aedi simbolo della cultura popolare...
    La poesia è suono.

    La funzione della metrica, tanto per parlare di essa, aveva solo una funzione strumentale ed esterna alla poesia : permettere all'aedo di ricordare i versi quando li doveva declamare.

    Ma ora abbiamo la scrittura, abbiamo internet e quindi la musicalità del verso nasce dal suono delle parole, dalla giustapposizione di esse, dalle assonanze, dalle ripetizioni.

    E tutto questo nella massima libertà.

    Io scrivo racconti e "cose" che convenzionalmente si denominano poesie.

    Ma non mi definisco e non voglio definirmi perchè questo sarebbe una limitazione e l'attribuzione di un ulteriore ruolo.
    Ne ho avuti a sufficienza.

    Io dovrei definirmi per i ruoli via via ricoperti: dottore in Giurisprudenza, Dirigente INPS in pensione, Ex assessore alla monnezza, narratore , poeta, padre, suocero, chatteur, tiratardi....
    arrivato a questo punto mi fermo.

    Scusa se l'ho fatta lunga ....ma i dialoghi sui massimi sistemi mi appassionano quasi quanto scrivere racconti scemi, noir e "poèsie" (notare l'accento).

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  13. In un panorama editoriale dove ex spogliarellisti ed animatori di discoteche scrivono vendutissime autobiografie, dove scrittori di acclamati best seller, in crisi di ispirazione (forse) eseguono attenti compitini da III media di "versione in prosa e parafrasi" dell'Iliade, dove comici televisivi più o meno in disarmo compilano vendutissimi best seller con tutti i luoghi comuni e i topoi dei romanzi gialli da edicola di stazione ferroviaria senza un grammo di originalità e con un lessico da telenovela, dove "romanzieri" di terza età da anni non fanno altro che riproporre lo stesso personaggio, il medesimo intreccio e la medesima fabula con qualche piccola variazione, dove l'unica letteratura che esiste è quella proposta da mamma TV .....
    Ebbene in questa realtà dove non c'è nulla di inaspettato, di sorprendente ma tutto è codificato, regolamentato ... come gli applausi a comando in TV .... taluno sembra volere introdurre canoni nell'unica isola di originalità, libertà che è la poesia, pur anche brutta ed ingenua.
    Tali rigidita mi sembrano un tentativo di accademia e di polverosa eredità.

    Io credo invece che la poesia debba recuperare la sua funzione originale: quella di canto che racconta emozioni, odio, indignazione, amore e morte

    Espressione d'arte che risale alle civiltà orali ... Voglio ricordare gli aedi simbolo della cultura popolare...
    La poesia è suono.

    La funzione della metrica, tanto per parlare di essa, aveva solo una funzione strumentale ed esterna alla poesia : permettere all'aedo di ricordare i versi quando li doveva declamare.

    Ma ora abbiamo la scrittura, abbiamo internet e quindi la musicalità del verso nasce dal suono delle parole, dalla giustapposizione di esse, dalle assonanze, dalle ripetizioni.

    E tutto questo nella massima libertà.

    Io scrivo racconti e "cose" che convenzionalmente si denominano poesie.

    Ma non mi definisco e non voglio definirmi perchè questo sarebbe una limitazione e l'attribuzione di un ulteriore ruolo.
    Ne ho avuti a sufficienza.

    Io dovrei definirmi per i ruoli via via ricoperti: dottore in Giurisprudenza, Dirigente INPS in pensione, Ex assessore alla monnezza, narratore , poeta, padre, suocero, chatteur, tiratardi....
    arrivato a questo punto mi fermo.

    Scusa se l'ho fatta lunga ....ma i dialoghi sui massimi sistemi mi appassionano quasi quanto scrivere racconti scemi, noir e "poèsie" (notare l'accento).

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  14. In un panorama editoriale dove ex spogliarellisti ed animatori di discoteche scrivono vendutissime autobiografie, dove scrittori di acclamati best seller, in crisi di ispirazione (forse) eseguono attenti compitini da III media di "versione in prosa e parafrasi" dell'Iliade, dove comici televisivi più o meno in disarmo compilano vendutissimi best seller con tutti i luoghi comuni e i topoi dei romanzi gialli da edicola di stazione ferroviaria senza un grammo di originalità e con un lessico da telenovela, dove "romanzieri" di terza età da anni non fanno altro che riproporre lo stesso personaggio, il medesimo intreccio e la medesima fabula con qualche piccola variazione, dove l'unica letteratura che esiste è quella proposta da mamma TV .....
    Ebbene in questa realtà dove non c'è nulla di inaspettato, di sorprendente ma tutto è codificato, regolamentato ... come gli applausi a comando in TV .... taluno sembra volere introdurre canoni nell'unica isola di originalità, libertà che è la poesia, pur anche brutta ed ingenua.
    Tali rigidita mi sembrano un tentativo di accademia e di polverosa eredità.

    Io credo invece che la poesia debba recuperare la sua funzione originale: quella di canto che racconta emozioni, odio, indignazione, amore e morte

    Espressione d'arte che risale alle civiltà orali ... Voglio ricordare gli aedi simbolo della cultura popolare...
    La poesia è suono.

    La funzione della metrica, tanto per parlare di essa, aveva solo una funzione strumentale ed esterna alla poesia : permettere all'aedo di ricordare i versi quando li doveva declamare.

    Ma ora abbiamo la scrittura, abbiamo internet e quindi la musicalità del verso nasce dal suono delle parole, dalla giustapposizione di esse, dalle assonanze, dalle ripetizioni.

    E tutto questo nella massima libertà.

    Io scrivo racconti e "cose" che convenzionalmente si denominano poesie.

    Ma non mi definisco e non voglio definirmi perchè questo sarebbe una limitazione e l'attribuzione di un ulteriore ruolo.
    Ne ho avuti a sufficienza.

    Io dovrei definirmi per i ruoli via via ricoperti: dottore in Giurisprudenza, Dirigente INPS in pensione, Ex assessore alla monnezza, narratore , poeta, padre, suocero, chatteur, tiratardi....
    arrivato a questo punto mi fermo.

    Scusa se l'ho fatta lunga ....ma i dialoghi sui massimi sistemi mi appassionano quasi quanto scrivere racconti scemi, noir e "poèsie" (notare l'accento).

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    Ebbene in questa realtà dove non c'è nulla di inaspettato, di sorprendente ma tutto è codificato, regolamentato ... come gli applausi a comando in TV .... taluno sembra volere introdurre canoni nell'unica isola di originalità, libertà che è la poesia, pur anche brutta ed ingenua.
    Tali rigidita mi sembrano un tentativo di accademia e di polverosa eredità.

    Io credo invece che la poesia debba recuperare la sua funzione originale: quella di canto che racconta emozioni, odio, indignazione, amore e morte

    Espressione d'arte che risale alle civiltà orali ... Voglio ricordare gli aedi simbolo della cultura popolare...
    La poesia è suono.

    La funzione della metrica, tanto per parlare di essa, aveva solo una funzione strumentale ed esterna alla poesia : permettere all'aedo di ricordare i versi quando li doveva declamare.

    Ma ora abbiamo la scrittura, abbiamo internet e quindi la musicalità del verso nasce dal suono delle parole, dalla giustapposizione di esse, dalle assonanze, dalle ripetizioni.

    E tutto questo nella massima libertà.

    Io scrivo racconti e "cose" che convenzionalmente si denominano poesie.

    Ma non mi definisco e non voglio definirmi perchè questo sarebbe una limitazione e l'attribuzione di un ulteriore ruolo.
    Ne ho avuti a sufficienza.

    Io dovrei definirmi per i ruoli via via ricoperti: dottore in Giurisprudenza, Dirigente INPS in pensione, Ex assessore alla monnezza, narratore , poeta, padre, suocero, chatteur, tiratardi....
    arrivato a questo punto mi fermo.

    Scusa se l'ho fatta lunga ....ma i dialoghi sui massimi sistemi mi appassionano quasi quanto scrivere racconti scemi, noir e "poèsie" (notare l'accento).

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