QUANDO GLI ALBANESI ERAVAMO NOI
Oggi nel bus un signore anziano mi ha ringraziato per averlo aiutato a sedersi.
I nostri autobus hanno i sedili sulle pedane e con tutto il gran parlare di barriere architettoniche ci si dimentica che le barriere ce le abbiamo in testa.
Il signore come spesso accade si è messo a chiacchierare e parlando di tutto un po' mi ha raccontato di quando da giovane, dopo la seconda guerra mondiale che lui ha chiamato conflitto, non trovando lavoro qui, era andato a lavorare nelle miniere in Belgio.
Una sera al termine della giornata di lavoro, stanchissimo, aveva preso un autobus e mentre cercava un posto per sedersi aveva visto dei cartelli attaccati ai finestrini: "vietato sedersi agli italiani".
Un'offesa cocente ai nostri lavoratori, che hanno contribuito a creare il benessere di quella nazione e che spesso ci hanno lasciato anche la vita (e non solo a Marcinelle).
La conversazione si è svolta nel C30 che viene dalla Ferrovia e seduti accanto a noi c'erano dei ragazzi del Ghana e del Senegal, con degli occhi dolcissimi, con i loro fagotti vicino.
Guardandoli ho detto all'anziano signore (84 anni): quando gli albanesi eravamo noi.
E lui ha compreso ed annuito, dicendo che non ha mai dimenticato.
eggià,l'abbiamo dimenticato quando anche noi siamo stati albanesi.
RispondiEliminachissà se c'è però una differenza...voglio dire...dei nostri partivano prima gli uomini e poi forse le donne li raggiungevano..mentre ora sembra quasi succedere il contrario..
asietta
Ci sono molti vecchi sono più tolleranti e antirazzisti di troppi giovani.
RispondiElimina"La maledizione degli uomini è che essi dimenticano" ... Excalibur, di Boorman. Molto vero, no?
RispondiEliminanon c'è bisogno di parlare del Belgio negli anni '50...
RispondiEliminama di Bolzano nel 1970
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